Preud’homme, in volo con gli occhiali da sole

“In fondo vi è serenità soltanto dove vi è vittoria”. 

Friedrich Nietzsche

Sono molti i difensori, i centrocampisti o gli attaccanti di calcio che hanno lasciato pagine indelebili nella storia basti pensare, per ciascuna di queste categorie ad un Franz Beckenbauer, ad un Zinedine Zidane o ad un Marco Van Basten. Ma i portieri? Ruolo spesso sottovalutato, quello del portiere è una categoria fondamentale per le evoluzioni del gioco in campo: rimesse dal fondo, parate al cardiopalma e risultati salvati dall’estro dei guantoni. I più anziani si ricordano di Lev Jascin, portiere russo degli anni ‘60 dalle mani d’acciaio, vincitore persino del pallone d’oro. I più giovani oggigiorno hanno come riferimento Gianluigi Buffon, grande saltatore e paratore di palloni spesso impossibili. Ma fra questi due poli ci fu un portiere belga dai reni elastici e dai riflessi più pronti di un robot. Senza trascurare un’eleganza rara nei suoi attuali colleghi. Il suo nome è Michel Preud’homme, nato ad Ougree, in Belgio nel 1959, considerato dalla Fifa (e non solo) uno dei più grandi portieri del secolo passato. Per molti è il più grande di sempre.

FBL-BEL-BRUGGE
tolti i guanti, resta l’eleganza

Inizia con le Les Rouches dello Standard Liegi nella stagione 1977-1978, quindi neanche ventenne, dimostrando subito le sue doti che lo caratterizzeranno negli anni a venire. Bomba ancora inesplosa, Michel conquista cinque anni dopo il suo primo campionato belga, il settimo titolo dello Standard Liegi, subendo nella sua porta 28 reti su 34 gare, poco meno di una rete a partita ma in Belgio è già un portiere affermato. Due anni prima infatti, partecipò, seppur da riserva, a 21 anni, agli Europei di calcio di Italia ’80, vedendo la sua nazionale perdere solo in finale con la Germania Ovest. L’ottavo titolo dello Standard è alle porte e nel 1983, secondo anno consecutivo, arriva il secondo campionato vinto da Michel. Questa volta subisce 44 reti ma nulla importa perché sono 78 i gol realizzati e i bianco-rossi volano in testa alla classifica. L’anno successivo è un duro periodo per Michel. Viene infatti squalificato per 6 mesi a causa di un illecito sportivo datato 1982 ancora oggi non del tutto chiarito. Ma Preud’homme non molla e due anni dopo si ritrova catapultato in un’altra realtà, quella dei giallorossi del Malines. O Mechelen, se preferite.

Saranno, dal ’86 al ’94, gli 8 anni più produttivi della sua carriera di portiere dal punto di vista non solo nazionale ma europeo. Con un secondo posto e soli 18 gol subiti, il primo anno di Michel nella nuova squadra, gli porta il titolo di miglior portiere belga dell’anno, titolo che da quel momento avrà sempre cucito nel suo cuore fino alla fine della carriera. E’ l’anno successivo il momento calcistico più importante di Preud’homme. A Strasburgo, l’11 maggio ’88, presso lo Stade de la Meinau, il Malines affronta nella finale di Coppa delle Coppe (dopo aver eliminato in semifinale l’incredibile Atalanta di Mondonico che partecipò alla competizione pur militando in serie l’Ajax di un giovanissimo Bergkamp, vincendo per 1-0. Preud’homme impeccabile in tutta la gara, alza il suo primo trofeo europeo e pochi mesi dopo con la fascia al braccio (mancava infatti il vero capitano, Clijsters) affrontò il Psv Eindhoven (vincitore della Coppa dei Campioni ’88) nelle due finalissime (andata e ritorno) di Supercoppa Uefa, vincendo 3-0 all’andata e perdendo, inutilmente, 1-0 al ritorno. Anche in queste due gare Michel offre al pubblico interventi d’alta scuola e nel ’89 vince ancora il titolo di miglior portiere belga dell’anno più il primo ed unico suo campionato con il Malines subendo solo 20 reti.

BELGIUM V HOLLAND
anche l’occhio vuole la sua parte

Senza pensarci un solo istante viene chiamato per i mondiali di Italia ’90 dove, dopo un girone tosto con Spagna, Uruguay e Corea del Sud, la porta di Michel fu battuta al 14° del secondo tempo supplementare da un gol dell’inglese Platt. Il Mondiale di Michel, dal punto di vista calcistico, finì agli ottavi. Ma dal punto di vista mediatico continuò ad avanzare per via della sua pazza richiesta alla Fifa, nel pre-mondiale, di giocare le partire della Coppa del Mondo indossando occhiali da sole, proprio come in una miglior puntata di Holly e Benji, richiesta rifiutata ovviamente per ragioni di sicurezza in campo. Ma l’idea di vedere un portiere di calcio con gli occhiali alla Cobra di Stallone attizzerebbe tutt’oggi chiunque. Il ’90 di Michel è un anno di delusioni ma anche di piccole soddisfazioni quando nei quarti di Coppa Campioni, pur perdendo l’accesso in semifinale, fu ammirato dal pubblico italiano per le numerose parate al Milan invincibile di Sacchi.

Michel Preud''Homme
dove osano le Aguias

La carriera calcistica di Michel continua fino ad arrivare al suo secondo mondiale, quello di Usa ’94. Anche qui la nazionale belga, come 4 anni prima, si arrende agli ottavi, questa volta con la Germania ma la Fifa in ogni caso gli tributa il Premio Jascin ’94 ( poi chiamato Guanto d’Oro) come miglior portiere del mondiale. Preud’homme para e lo fa spingendosi fino al limite estremo, prendendosi gioco della gravità e degli avversari. E quando la palla sembra quasi irraggiungibile, la sfiora quel tanto che basta per mandarla a baciare i legni. Ricordate la parata contro il Marocco? Si conclude proprio nel ’94 la carriera in Belgio come portiere. Viene infatti ceduto ai portoghesi del Benfica e due anni dopo conquista la Coppa di Portogallo (la Taca de Portugal), il primo trofeo fuori dal Belgio, battendo 3-1 lo Sporting Lisbona. 3 anni dopo Michel decide, a testa altissima e dopo aver fatto innamorare il suo nuovo pubblico, di terminare la sua carriera da portiere. Decide di diventare un allenatore, dalla porta alla panchina. Vince alle redini della sua vecchia Standard Liegi un campionato nel 2008 e due anni dopo fa doppietta con Coppa e Supercoppa d’Olanda alla guida del Twente.

 

Michel non è mai sazio di vittorie, non lo è mai stato. E non sarà mai sazio di parare, sia quando ha parato i riflettori nel caso del 1982, sia quando ha parato i tiri dei maggiori attaccanti della storia con i suoi occhiali da sole, invisibili, che si è sempre portato in faccia, coprendo i suoi occhi da quelle grandi reazioni stellari offerte dall’incontro immenso fra guantone e pallone da calcio.

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