Tony Adams, il clown a cavallo del cannone

“The blue light was my baby and the red light was my mind”
Robert Johnson

Tony e Adams, due nomi semplici per un uomo complesso, dal grande carisma e dal simpatico faccione. Tony Adams, classe ’66, l’anno della gloria inglese ai Mondiali d’Inghilterra, quasi un pronostico per una delle avventure calcistiche più belle degli ultimi anni. Già perché Tony non fu solo un difensore ma anche una bandiera, un vero simbolo per l’Inghilterra e per la squadra con il quale ha passato quasi venti anni della sua esistenza, l’Arsenal . Dal 1988 (a soli 22 anni) al 2002 fu il capitano indiscusso dei Gunners, il più giovane della storia del club, ruolo che gli fece guadagnare un posto in prima fila nel calcio inglese, un podio indissolubile nel proseguo dei campionati dove Tony e compagni conquistano trofei su trofei. E’ il 1989 il suo primo anno da vincente, un campionato memorabile che si conclude solo in uno scontro diretto contro il Liverpool vinto ad una manciata di secondi al termine della gara grazie ad un contropiede micidiale di Thomas reso immortale dal libro di Nick Hornby “Fever Pitch” (“Febbre a 90°” in Italia)

A 23 anni Tony, questo ragazzone alto 1,90 dal nasone che ti vien voglia di schiacciarlo quasi emettesse un suono clownesco, è già un leader per i tifosi ed è subito sulla bocca di tutti. Ma come tutti i clown che fanno ridere ed applaudire le folle, sotto a quel trucco appare un’altra pelle, una maschera diversa che fa subito spegnere i riflettori della gloria ed accendere quelli del gossip. Tony inizia a bere e molto anche. Comincia a comportarsi come un cavallo drogato o come il Begbie di Traispotting. Beve, fa risse, si diverte sotto sbronza. Se la spassa insomma ma i suoi problemi si ripercuotono anche nel mondo del calcio. Non partecipa ai Mondiali di Italia ’90. Spacca col sorriso bicchieri sui banconi ma soffre. Il successo o la noia lo tormentano, questo non si può sapere ma la cosa certa è che quando entra in scena Tony è Tony. Nel ’91 altro successo, 83 punti e seconda Premier League vinta con gentaglia come Smith e Merson, gol a valanga e difesa granitica. La stessa stagione vede anche la vittoria dello Charity Shield condivisa col Tottenham dopo uno 0-0 senza infamia e senza lode.

Tony viene arrestato per guida in stato di ebbrezza. Rischia quattro mesi ma alla fine se la cava con una sessantina di giorni. Sembra che, a mo’ di Robert Redford, stia giocando a poker con l’ombra di Best il bello che fa Paul Newman, fra una bottiglia di whisky e mille shots. “Mi stai battendo, piccolo bastardo” borbotta George. “Solo fortuna”, risponde Tony. Ma questo giovane difensore che scriverà anche un libro bellissimo “Fuorigioco – la mia vita con l’alcool”, questa rocciosa figura che non fa passare nessun pallone avversario e che tra una marcatura e l’altra ricorda molto il Ray Milland de “Giorni Perduti”, non molla per nessun motivo. L’anno successivo vince la Coppa d’Inghilterra e la Coppa di Lega inglese battendo in entrambe le finali lo Sheffield Wednesday per 2-1. Per qualche anno Adams si imbatte sempre più nel tunnel della trasgressione e fra cliniche e cure non riesce bene ad equilibrare una vita spericolata col calcio.

Bisognerà attendere sette anni per una ennesima vittoria in Premier League ma in questo lungo intervallo di tempo i Gunners vincono la Coppa delle Coppe del ’94 battendo ahimè il nostro Parma con una rete di Alan Martin Smith. Il nasone di Tony nel frattempo è sempre più rosso e le palline gli volano tra le mani divertendo la gente e lasciandola col fiato sospeso quando cammina sul filo del funambolo. Riuscirà a ritornare per terra? Dopo un Europeo, quello del ’96 perduto in semifinale con la Germania, e l’amara decisione dell’allenatore di cedere a Shearer la fascia di capitano, Tony scende dalla fune e riesce a curarsi definitivamente dall’alcool ed è pronto a ricominciare a vincere. Terza sua Premier e un’altra Coppa d’Inghilterra, questa volta contro il Newcastle, successi bissati anche 4 anni dopo nel 2002, l’ultimo anno da calciatore di Tony prima di intraprendere la carriera da allenatore.
In 18 anni da calciatore e 14 da capitano, Adams è ancora oggi per l’Arsenal e per i tifosi del calcio inglese in generale un vero simbolo, una vera forza della natura, una figura che non è solo un giocatore di calcio ma anche un uomo che è riuscito a superare mille difficoltà diventando un esempio per molti, soprattutto per gli alcolisti. Il grande Gazza chissà se scenderà anche lui dalla fune e il grande Best da lassù ha un full di donne ma credo proprio che gli toccherà farsi un solitario. Rosso – bianca è stata la sua maglia e degli stessi colori la sua vita. Rossa durante le gare di calcio, mentre alza le coppe con migliaia di mani che battono dagli spalti. Bianca dopo le sbronze e le cliniche, senza colori ed emozioni. Ma il colorito di Tony è rimasto inequivocabilmente il rosso, con quella faccia da schiaffi e con quell’ultimo brindisi analcolico seguito da un universale “Thank you, gunner”.

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