“In ogni attività la passione toglie gran parte della difficoltà”
Erasmo Da Rotterdam
Ha molte analogie Stefan Kovacs (1920-1995) con i più grandi generali romani della storia. Il loro comune denominatore è la conquista, la presa con la forza di un territorio e la sua postuma trasformazione. Diceva Augusto, una volta assunto il potere sull’Urbe “Ho trovato una cittadella di mattoni, ve la ricostruirò con il marmo”. E’ quel che accade a Kovacs quando nel 1971 entrò a far parte come allenatore del club olandese dell’Ajax, conquistando l’Europa e il mondo. Nato a Timisoara, città prima ungherese poi rumena, Stefan si fa le ossa da mister nello Steaua Bucarest a partire dal 1967, squadra con cui vince un campionato nel ’68 e tre Coppe di Romania per tre anni di fila, nel 69-70-71 battendo per tutte e tre le volte la Dinamo Bucarest, la nemica storica, in finale. Con i rosso-blu resta quattro anni e bastano per la società Ajax a riceverlo fra le proprie braccia come guida del club. Alle sue spalle ci sono stati 6 anni decisivi per il mondo del calcio, il cosiddetto “calcio totale” instaurato da Rinus Michels dove ciascun giocatore doveva comportarsi da factotum in campo, coprire qualsiasi ruolo e qualsiasi spazio, tattica portata probabilmente all’estremo da Arrigo Sacchi con il suo Milan. L’eredità lasciata da Rinus Michels è un masso immenso, peso che solo spalle da Prometeo avrebbero potuto sopportare, soprattutto se era necessario gestire giganti del calcio quali Cruijff, Kroll o Neeskens che avevano appena vinto una Coppa dei Campioni contro il Panathinaikos di Puskas. Ma il sangue di Kovacs ha l’ardimento delle tribù Magiare ed è pronto a guidare quello che per molti critici di calcio viene considerata una delle squadre di club più forti del Novecento. Nel 1972, al primo anno in Olanda, Stefan vince tutto quello che un allenatore desidererebbe: un Campionato Olandese, una Coppa d’Olanda, una Coppa Campioni, una Coppa Intercontinentale (fu la seconda squadra europea dopo l’Inter a portare quindi a compimento il famoso “treble”)e una Supercoppa Europea. Nell’Eredivisie (la serie A d’Olanda) staccò il Feyenoord di 8 punti conquistando il suo 15° titolo con 104 segnature. Nella coppa olandese sconfisse il Den Haag alzando così il suo 6° trofeo. In Coppa Campioni, a Rotterdam, furono i due gol di Cruijff contro l’Inter di Mazzola e Facchetti a far sì che l’Ajax salisse sul tetto d’Europa per la seconda volta consecutiva. E non bastò l’Europa, anche il mondo con l’Intercontinentale vinta contro l’Indipendiente. Ed è proprio quest’ultimo trofeo annuale (la Supercoppa Europea contro i Rangers fu giocata nel gennaio dell’anno successivo) l’Azio di Kovacs, il momento cruciale dell’allenatore rumeno, quello grazie a cui se Ottaviano Augusto divenne imperatore dopo la famosa battaglia navale in quel promontorio contro Marc’Antonio, Stefen si ritagliò la giubba della leggenda nel mondo del Calcio. L’Olanda porta trionfalmente in spalla la sua guida fra allori e unguenti ma l’espansione del calcio totale non è ancora terminata.
Anno nuovo vita nuova. Il 1973, l’ultimo anno di una carriera breve ma intensa per Kovacs con la squadra biancorossa, riportò un altro campionato clandese e un’altra Coppa Campioni, ancora in finale contro una squadra italiana, questa volta la Juventus, allo Stadio Stella Rossa di Belgrado. Decise Rep ad inizio gara le sorti del match. Capello, Causio e Bettega trovarono un muro davanti a loro, invalicabile, una “marmorea corona di minaccevoli punte” come le Alpi Apuane cantate dal D’Annunzio. Kovacs contro l’allenatore bianconero Vycpalek non sbagliò nulla, coordinando degli uomini che giocavano a memoria già da anni. Avrebbero potuto calciare i palloni anche da bendati, con quella sicurezza che solo un grande allenatore come Stefan può amministrare, concedendo carta bianca a degli scacchi composti solo da torri. Avanti e indietro, destra e sinistra, senza sosta. Ecco il calcio totale. L’Ajax è alla terza Coppa dei Campioni vinta di fila, non capitava dal Real Madrid di Di Stefano ed è già una leggenda. E con l’addio di Kovacs ai Paesi Bassi si conclude anche la gloria europea del club che comunque continuerà a vincere ancora in patria (per l’Europa bisognerà aspettare Van Gaal nel ’95), un club la cui formazione è ancora sulla bocca degli appassionati di calcio: Stuy, Suurbier, Hulshoff, Blankeburg, Krol, Neeskens, Murhen, Haan, Rep, Cruijff, Keizer. Dai mulini a vento alla Bastiglia. Nel 1973 lasciato l’Ajax, Kovacs prende in mano le redini prima della nazionale francese fino al ’76 e poi di quella rumena fino al 1980. Sono anni bui, caratterizzati da poche vittorie e scarsi risultati. Il piccolo riscatto avviene nel 1982 quando conquista con il Panathinaikos una Coppa di Grecia contro il Larissa. Nel ’84 ritorna in Francia alla guida del Monaco con cui vince una Coppa di Francia nel’87 trofeo che fu anche l’ultimo della sua incredibile carriera. Pur avendo allenato diverse formazioni e squadre, il nome di Stefan resterà per sempre legato a quel club che tanto fece sbalordire i tifosi di questo meraviglioso sport nella prima metà degli anni ’70. Ammirato e considerato uno dei grandi allenatori di tutti i tempi Kovacs, professore in un’aula di alunni scalmanati, generale di ferro che ogni tanto ordinava il ritiro dei suoi giocatori affinché si concentrassero meglio negli allenamenti, come un Prometeo moderno, aveva sì il peso di una squadra di campioni ma in cambio ebbe l’onore di distribuire a noi, comuni mortali, il fuoco dell’arte, quella del calcio.