Lettera aperta a Sneijder: comunque vada, il mio cuore oranje ti ha amato

Il caso che ha come protagonisti Wesley Sneijder e l’Inter è uno dei temi più spinosi delle ultime settimane, non solo in Italia ma di tutto il panorama continentale. Mobbing o comportamento lecito da parte del club? In queste ore è previsto l’incontro tra le parti e la situazione dovrebbe farsi più chiara. Società e calciatori, c’è un terzo punto di vista che noi di TuttoCalcioEstero vogliamo offrire, quello del tifoso, e lo facciamo attraverso la lettera aperta per Sneijder scritta Alessio Dell’Anna, nuova penna della nostra squadra. Perché, tra domanda e offerta, è comunque la passione il vero motore dell’industria pallonara.

Ho sempre avuto un debole per gli olandesi. Fin da quando mio padre mi regalò la maglia di Dennis Bergkamp. Lui aveva il numero dieci, io quattro anni, allora mettere quel numero dietro la maglia aveva ancora un senso. Poco importa se a Milano non sfondò, per me era un idolo. Bello, biondo, e olandese. Sono cresciuto nella leggenda dei racconti della Grande Arancia, magnifica, meccanica, perfetta, eppure perdente, e per questo ancora più amata. Questo nonostante mio padre mi ripetesse sempre che gli olandesi al di là della classe rimanevano dei mercanti, soggetti a seguire più il fruscio del danaro che quello della propria bandiera. Forse aveva ragione. Eppure ogni volta che disfacevano una squadra e intascavano andava a finire che ne facevano un’altra più forte, e magari ci vincevano pure una Coppa dei Campioni. All’Inter di grandi olandesi non ne avevamo mai avuti, ma quando acquistammo Andy Van Der Meyde tornai a nutrire la speranza di rivedere quella vecchia scuola nobile e fascinosa, come un bel signore brizzolato, ma capace di esercitare ancora attrazione e desiderio. Andy fallì, obnubilato dai vizi, e, salvo quel goal leggendario ad Highbury, di lui ricordo solo il dolore che mi prendeva al petto quando mi ripetevano che era un bidone. Nel frattempo la nazionale oranje non riusciva a decollare, e Ruud Van Nistelrooy in qualche modo fallì a Madrid l’obiettivo di riportare la coppa dalle grandi orecchie nella capitale spagnola. In Italia arrivò Klaas Jan Huntelaar. Aveva un bel nome e anche un bel piede, ma al Milan preferirono Borriello. Borriello. Quell’Olanda mitica stava sparendo davanti a me.

Poi arrivasti tu, colui che finalmente rappresentava ciò che il calcio olandese era sempre stato nella mia mente: preciso come un orologio, letale come un cecchino, e, ovviamente, intelligente come un olandese. Appena entrato in squadra Mou quasi nemmeno ti parlò, ti disse solo, a poche ore da quel derby vinto 4-0: “Tu giochi subito”. Mai scelta fu più azzeccata. Da lì in poi la storia la conosciamo tutti, solo il mondiale perso all’ultimo respiro impedì la tua consacrazione nell’albo dei grandi di France Football.

Non me la sento di entrare nelle questioni economiche tra te e l’Inter, perché qualunque sia la verità ci saranno sempre delle buone motivazioni da una parte e dall’altra. Tu forse prendi troppo, è vero, ma il contratto non te lo sei mica fatto da solo, e in qualche modo, oneroso o meno, sarebbe giusto rispettarlo. Pazienza, che questo non accada è ormai habitude del calcio – unico sport dove i contratti valgono meno della carta straccia- ma se così dev’essere almeno non si faccia finire il tutto con questa brutto ricatto punitivo, dannosa tanto per l’una tanto quanto per l’altra parte.

Vederti partire sarebbe brutto, ancora di più se come il fu Eto’o ti trasferissi lontano dagli occhi e dal cuore. Si parla di uno scambio con Pastore, e io lo prendo tranquillamente come uno scherzo per riempire qualche trafiletto di giornale. Sei uno degli ultimi veri numeri dieci del nostro calcio, e forse anche del calcio intero, non ci sono scambi per te, né giocatori che rimpiazzino la tua perdita. Lasciamo ai tifosi da bar le considerazioni su quello da te fatto negli ultimi anni, perché molti si scordano i guai fisici che hai avuto, e che sei dovuto passare per cinque allenatori, cinque in tre anni, che ti hanno, chi più chi meno, sempre immotivatamente messo in discussione. Io non voglio vederti partire. Non te lo meriti tu e non ce lo meritiamo noi tifosi. Ma qualunque cosa succeda sappi che da noi sei stato amato come l’olandese che non avevamo mai avuto. Abbiamo amato te, i tuoi tweet, e platonicamente pure tua moglie. È per questo che se ci lascerai non potremo più essere amici, ma solo amanti occasionali, in qualche nastro da cineteca da vedere e rivedere negli anni. Proprio come quelli della grande Olanda che fu, quella che tu, finalmente, comunque vada, ci hai restituito.

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Intrattenitore nel mondo della comunicazione con la passione per il calcio d'antan, è un solista dentro e fuori dal campo, che predica da numero 7 ma razzola da numero 9. Fra il 98' e il 2002 ha inscenato ben 824 repliche dei Mondiali di calcio nella sua cameretta, e ricerca oggi la magia del calcio di un tempo nei campionati con un debito pubblico pericolosamente oltre la soglia di guardia.