Spagna, ecco le cifre della fuga dagli stadi

Domenica: Maiorca-Barcellona, 15.940 spettatori; Oviedo-Real Madrid 20.500 spettatori. Solo che si trattava del Real Madrid C, ed era una partita della Segunda B, la terza serie. Partiamo da qui per fare il punto sul grave stato di crisi del calcio spagnolo. Perché l’Oviedo ci offre altri due spunti, uno negativo, e molto comune, l’altro positivo. E molto. La squadra della città di Fernando Alonso è un club storico: buon passato, qualche impresa di rilievo, passione cittadina encomiabile. Se non rimedia 1,9 milioni di euro entro il 19 novembre fallirà. Mangiata dai debiti. Nel 1996 un giovane inglese andò a studiare a Oviedo e cominciò a frequentare il Tartiere, lo stadio. Oggi quel ragazzo, Sid Lowe, è il corrispondente sportivo del Guardian e vive a Madrid, da dove ha organizzato una colletta attraverso Twitter e PayPal, il sistema di pagamento online. In pochi giorni oltre 5.000 stranieri, gente che con l’Oviedo non ha nulla a che fare, ha comprato azioni del club, in vendita a 10,75 euro. Il Real Madrid ha investito 100.000 euro per solidarietà tra ricchi (anche se indebitati) e poveri. Non è detto che basti, ma gli oltre ventimila spettatori che domenica hanno sostenuto la squadra sono un bel segnale. Tornando in Liga, la settimana scorsa il Deportivo ha confermato che lo Stato ha pignorato tutte le sue entrate: tv, sponsor, botteghino, eventuali vendite di giocatori. È il primo atto di forza di un governo che ha sempre chiuso gli occhi di fronte ai debiti che le squadre di calcio accumulavano col fisco, venuti alla luce a marzo grazie a un’interrogazione parlamentare che ha rivelato crediti dello Stato col calcio: 752 milioni di euro. Inammissibile ovunque, ancor di più in un Paese tanto in crisi. Il Deportivo dice di dovere 34 milioni al fisco, per altre fonti sono 90. Per evitare guai peggiori, la società galiziana sta per aderire alla Ley Concursal, uno spalmadebiti cui i club hanno aderito in massa (22 finora) anche perché fino a luglio la legge
permetteva di non perdere la categoria anche non pagando giocatori e fisco. Ora non più. Nell’ultimo mercato i club spagnoli hanno speso il 65% meno dell’anno scorso, e la metà della spesa è stata sostenuta da Real e Barcellona. Che non ci sia un euro da spendere è chiaro da un po’, però i club non sembrano applicare lo stesso pensiero ai propri tifosi. Per Maiorca- Barcellona il biglietto meno caro costava 65 euro, e va ricordato che in Spagna i bambini pagano intero. Il Getafe, lontanamente ultimo nella  classifica del riempimento degli stadi della Liga, ha messo i biglietti più economici delle sfide col Madrid e col Barça a 50 e 60 euro. Risultato: desolazione sugli spalti, dove evidentemente non hanno ritenuto opportuno andare nemmeno i tifosi del Madrid, che da Getafe dista 10 km. Ora i dirigenti del club della cintura della capitale si sono pentiti e offrono un abbonamento per tutto il girone di ritorno a 50 euro: 9 partite al prezzo di una, in pratica. Molti altri club hanno lanciato promozioni massicce, coscienti che la situazione sta prendendo una piega «italiana». Secondo i dati pubblicati da As la Serie A registra una percentuale di riempimento degli stadi pari al 54,2% della capienza, applicazione numerica del mezzo vuoto. La Liga è al 69,3, la Bundesliga al 91,2, la Premier League al 94,5. Vedere Borussia Dortmund-Real Madrid costava tra i 17 e i 60 euro. Stadio esaurito. Al ritorno i prezzi erano da 40 a 175. E il Bernabeu non si è riempito. I club con una percentuale di riempimento superiore al 90% sono 16 in Premier League, 11 in Bundesliga, la Juve in Serie A e zero in Liga. Così come i club che hanno una media di riempimento inferiore all’80% sono uno in Premier League e Bundesliga, 14 in Liga e addirittura 19 da noi. Nove  dei 17 club che erano in Liga sia lo scorso che quest’anno stanno perdendo tifosi nel paragone tra le due stagioni. I tempi sono cambiati, ma le squadre spagnole fanno fatica a rendersene conto.

Fonte: Extratime, Gazzetta dello Sport