In Brasile, ci sarà da divertirsi. Per Leo Messi, sarà molto più di un Mondiale: sarà la possibilità di scalfire ulteriori certezze anche tra i più devoti di Diego Armando Maradona. Vincere un Mondiale in casa del Brasile da protagonista…qualcosa che lo porterebbe vicino alla beatificazione. Sì, perché sono finiti i tempi in cui tutti sussurravano “è un alieno nel Barcellona, ma in nazionale diventa un calciatore normale”. Ora piovono gol anche con la Selección, accompagnati da giocate strepitose. Insomma, tutto il repertorio. E a Mendoza, di certo non casa sua, spunta un cartello: “Mio padre mi ha parlato di Maradona; io parlerò di Messi a mio figlio”.
L’Argentina schianta l’Uruguay 3-0 nella nona giornata del girone di qualificazione sudamericano per i Mondiali 2014. Successo indispensabile per mantenere la vetta al giro di boa, viste le vittorie di qualche ora prima firmate Ecuador e Colombia. Considerati i precedenti, essere al comando dopo l’andata significa praticamente avere in mano la qualificazione. Ma quest’Argentina va oltre le statistiche. Sabella sta riuscendo a coniugare spettacolo e risultati, Tabarez è uscito con le ossa rotte dal “clasico” e il suo Uruguay resta quarto a pari merito col Cile, in piena lotta per un posto in Brasile. Poco, pochissimo Uruguay nella notte di Mendoza, città andina che ha ospitato per la prima volta una partita ufficiale dell’albiceleste nello stadio “Malvinas Argentinas“, impianto rinnovato in occasione della Coppa America 2011, e che offre un colpo d’occhio sensazionale.
L’entusiasmo di Mendoza è però raffreddato dal solito Uruguay tignoso, che tiene a bada i padroni di casa per più di un’ora, concedendo l’indispensabile a Messi (traversa a metà del primo tempo). Di Maria è comunque ispirato, Aguero un po’ meno. L’Uruguay, senza Diego Perez, non riesce ad attivare praticamente mai Forlan e Suarez (l’unica conclusione dell’attaccante del Liverpool si registra a fine primo tempo), mentre Cavani è – come sempre – desolatamente esiliato sulla destra. Tabarez resta “el Maestro”, ma questa non riusciremo mai a mandarla giù.
La Celeste mette in campo quello che è nel suo Dna: cerca di portare la partita sui binari del nervosismo, sullo scontro fisico. Così Cavani lascia i segni dei suoi tacchetti sull’addome di Mascherano, Lugano non si ferma davanti all’uscita bassa di Romero scatenando la classica mini-zuffa. Per un po’, gli ospiti riescono nel loro intento. Ma, al 65′, Messi decide che è ora di chiudere la contesa: suggerimento sulla sinistra per Di Maria, assist al bacio dell’ala del Real Madrid e zampata sotto porta del nativo di Rosario. Il “Malvinas Argentinas” è in visibilio, ma qualche minuto dopo si stropiccia gli occhi di fronte alla bellissima azione che porta Aguero a marcare il 2-0: il Kun serve Messi, Leo si libera della marcatura e offre un passaggio geniale ancora a Di Maria che di prima chiude il cerchio servendo un pallone d’oro ad Aguero, solo di fronte alla porta vuota. E’ spettacolo puro, Uruguay affondato. Messi, poi, chiude il conto con una punizione rasoterra che beffa barriera e Muslera. L’ennesima giocata da extraterreste in una notte che Mendoza non dimenticherà facilmente. Una notte che i suoi abitanti racconteranno ai propri figli…