La paura di volare del Villarreal di Marcelino

Marcelino Garcia Toral

A soltanto una settimana di distanza dallo storico primo posto in classifica dopo sedici stagioni di Primera División, il Villarreal ha mantenuto la vetta in solitario ma la sconfitta al Ciutat de València ha un sapore amaro, molto amaro. Nonostante un inizio di stagione oltre ogni più rosea aspettativa, che avrebbe dovuto interrompere il campionato con un sorriso a sessantaquattro denti, perdere in casa del fanalino di coda fa sempre male, qualsiasi siano gli obiettivi. E soprassedere sugli errori di una sconfitta del genere con la panacea della classifica sarebbe il peggior sbaglio che si possa fare: da ogni passo falso si può trarre qualcosa di buono, perché in ogni sconfitta si è sbagliato in qualcosa. Senza nulla togliere all’ottimo lavoro che sta facendo Marcelino la partita contro il Levante deve sollevare due punti nodali che non possono essere trascurati: la gestione del turn-over e la mentalità della squadra.

Per quanto riguarda le rotazioni l’argomento è molto ampio, opinabile e sfumato. Certamente bisogna limitare le colpe del tecnico asturiano nel match di domenica sera perché i mancati inserimenti di alcuni giocatori sono stati dettati da forfait dell’ultim’ora. Sono i casi di Bruno Soriano, che ha avuto un fastidio alla tibia, e di Léo Baptistão, che ha accusato un sovraccarico muscolare all’adduttore sinistro. A conti fatti i giocatori esclusi sul campo del Levante sono stati Jaume Costa, Jonathan dos Santos e Castillejo: tutto sommato abbastanza condivisibile. Probabilmente gli episodi determinanti sono stati alquanto casuali, non sarebbe corretto attribuire le colpe della sconfitta a Jokić e Ruiz, rei rispettivamente dell’espulsione e dell’errore individuale sul gol di Deyverson. Nel complesso la squadra ha sfoderato una delle peggiori prestazioni dell’era Marcelino e l’inferiorità numerica, pur avendo un peso specifico molto alto, è una giustificazione parziale perché in più di mezz’ora in parità il Villarreal non ha saputo creare nessuna situazione da gol né tanto meno un velleitario tiro dalla distanza. Il problema delle rotazioni tornerà, e sarà il caso di riaffrontarlo quando sarà più evidente.

La questione più preoccupante ad oggi è quella della mentalità della squadra quando gioca lontano dal Madrigal. Uno dei temi portanti del Villarreal di Marcelino è sempre stato l’ottimo rendimento esterno, non a caso fece registrare nella sua prima stagione dopo la promozione dalla Segunda División il record societario di vittorie esterne, ma analizzando i numeri attuali questo rendimento sembra aver subito un dietrofront. Da inizio stagione si parla della rosa rivoluzionata che ha a disposizione il tecnico, a cui si chiede più tempo per creare un’amalgama, ma considerando le trasferte nell’anno solare ci si rende conto che è un problema che ha radici più antiche. Nel 2015 il Villarreal ha giocato ventuno volte lontano dal suo stadio e ha vinto solamente quatto volte: il 29 gennaio in Copa del Rey a Getafe, il 26 febbraio in Europa League a Salisburgo, e in Liga il 13 settembre a Granada e il 23 settembre a Málaga. Considerando i dieci pareggi e le sette sconfitte non si può parlare di un rendimento disastroso, ma se si pretende un salto di qualità per entrare nella lotta alla Champions League sicuramente non può bastare.

Il punto è proprio questo. Il Sottomarino giallo ha raggiunto due sesti posti e l’obiettivo deve rimanere la zona europea, ma visti gli investimenti estivi e il processo di crescita bisogna aspirare a entrare in quell’elité di squadre che riesce a entrare in Champions League ogni tanto, o a lottare per la conquista dell’Europa League fino alle ultime battute. E per farlo bisogna vincere di più su campi di bassa classifica. L’anno scorso il Villarreal ha saputo vincere solamente in un campo tra quelle squadre che hanno poi occupato gli ultimi cinque posti della classifica, e quest’anno ha già fallito l’obiettivo in maniera sciocca sia contro il Betis che con il Levante. Se la scorsa stagione il quarto posto è rimasto a 17 punti di distanza, e si chiede di ridurre questa forbice di almeno la metà, bisogna riuscire a vincere qualche big-match in più e soprattutto qualche trasferta abbordabile in più.

 

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Mi chiamo Mihai Vidroiu, ma per tutti sono semplicemente Michele, sono cresciuto a Roma, sponda giallorossa. Ho inoltre una passione smodata per il Villarreal, di cui credo di poter definirmi il maggior esperto in Italia, e più in generale per il calcio, oltre ad altri mille interessi.