Guida Copa América 2015, gruppo A: il Messico

Messico Copa America
Messico Copa America

Il Messico prende parte ininterrottamente alla Copa América dal ’93 ma, come in molti sanno, è la Copa de Oro, meglio conosciuta in Europa come Gold Cup, la competizione su cui il Messico punterà forte. Il torneo della Concacaf inizierà proprio al termine della Copa América, si tratta del trofeo principe delle nazionali centro-nordamericane e regala anch’esso un posto per la prossima Confederations Cup in Russia, ma con un livello di competitività ben minore della gemella sudamericana. Inoltre bisogna rimarcare come spesso la Confederazione centroamericana faccia pressioni sul Messico (e su eventuali nazionali affiliate invitate alla Copa América) affinché si prediliga il torneo locale, relegando al Sudamerica le seconde linee.

Miguel Herrera
Miguel Herrera

Il Tri risparmierà dunque molti dei suoi migliori giocatori per la Gold Cup, ma a differenza di quanto accaduto nel 2011 non rinuncerà a priori al torneo sudamericano. Spiccano molte assenze di lusso come Javier “Chicharito” Hernández, Carlos Vela o i fratelli Jonathan e Giovani dos Santos, ma negli ultimi vent’anni sono state molte le volte in cui si dava il Messico per morto, e alla fine lo si è visto macinare gioco e risultati fino agli atti conclusivi della rassegna. Quel che veramente spaventa il popolo azteca non sono le figuracce, ma la concretezza nelle “partite che contano”, le numerose semifinali e finali perse per il rotto della cuffia, che hanno alimentato la leggenda della desepción mexicana, la delusione messicana. Ma el Piojo Herrera non ha usato mezzi termini: per lui l’obiettivo è alzare il trofeo.

ANALISI TECNICO-TATTICA

Miguel Herrera, lo stesso tecnico che ha condotto il Messico ai Mondiali 2014 eliminando la Croazia e sfiorando il colpaccio agli ottavi contro i Paesi Bassi, domati ma non sconfitti, continuerà con il progetto tattico che ha sempre avuto in testa. È un suddito della corrente tattico-culturale della “Escuela lavolpista”, messa in moto dal tecnico argentino Ricardo La Volpe sulle ceneri del Menottismo di fine anni ’70, consistente perlopiù nella ricerca di un calcio offensivo basato sul 3-5-2, o 5-3-2 in fase difensiva che dir si voglia. Lo stesso modulo con cui el Piojo Herrera ha ottenuto gli ottimi successi agli scorsi campionati mondiali, caratterizzato da grande solidità e ricerca del possesso grazie a una retroguardia che trascorre più tempo a impostare che a serrare le fila. Uno stile di gioco chiaro e facilmente identificabile che, soprattutto, ha reso molto contro squadre di caratura internazionale come appunto la nazionale oranje di van Gaal.

Tra i pali dovrebbe esserci Jesús Corona, noto in patria per il suo carattere vulcanico (che, tra l’altro, lo escluse dai Mondiali di Sudafrica nel 2010, ma comunque nel suo curriculum vitae compaiono aggressioni di vario genere, tra cui la testata al preparatore fisico del Monarcas Morelia nel maggio 2011), ritornato titolare in un’amichevole a marzo da cui ne è uscito con la palma di migliore in campo e un rigore parato. Qualcuno potrebbe ricordarlo come capitano della selezione messicana che si aggiudicò i giochi olimpici di Londra 2012, battendo in finale un certo Brasile che schierava i vari Neymar, Oscar e Hulk. Escluso dalla lista il titolare dei Mondiali in Brasile, Guillermo Ochoa. Anche nel resto del reparto difensivo molti punti fermi della Tri sono stati risparmiati per la Copa de Oro, Héctor Moreno su tutti, centrale dell’Espanyol. Chi invece non manca mai è Rafa Márquez, veterano di quattro campionati mondiali e di altre quattro Copa América, che alla veneranda età di 36 anni è ancora in pista a ballare. Il difensore dell’Hellas Verona sarà il pilastro della selezione azteca, grazie alla sua esperienza internazionale e alle sue doti tecniche dirigerà la retroguardia e sarà il punto zero di ogni azione della squadra. Al suo fianco l’unico certo del posto dovrebbe essere Hugo Ayala del Tigres.

Jesús Corona
Jesús Corona

Il centrocampo sarà il cuore nevralgico del gioco messicano. In particolar modo le due mezzali, vero cuore pulsante del piano strategico preparato dal Piojo Herrera. Nella sua concezione di calcio gli interni di centrocampo giocano un ruolo fondamentale: il loro movimento a scappare crea spazi e linee di passaggio in fase di costruzione, diventano il punto di raccordo tra gli instancabili terzini e le due punte e con gli inserimenti in profondità sono la vera arma nascosta (ma neanche troppo) di questa squadra. Ma non ci saranno né Héctor Herrera, né Andrés Guardado, né Jonathan dos Santos, né tanto meno el Gallito Vázquez, probabilmente queste due pedine delicate verranno ricoperte da Javier Güemez e el Negrito Medina, due volantes che nel campionato messicano sono alfieri di indubbio valore. Discorso molto simile per i carrileros, i terzini fluidificanti si cui si regge la funzionalità di tutto l’impianto: fuori dalle convocazioni Aguilar e Layún, dovremmo vedere in campo Adrián Aldrete, uno dei terribili ragazzini che nel 2005 fu etichettato nella “generazione dorata” messicana dopo la vittoria della Coppa del Mondo under-17, ma che può essere meglio inquadrato come il terzino che ha annullato Robben in quell’ottavo di finale in Brasile. Sull’altra fascia più probabilmente ci sarà un esterno più offensivo come Javier Aquino, ala dinamica del Villarreal che quest’anno ha giocato in prestito al Rayo Vallecano.

Anche in attacco le assenze spiccano, mancano all’appello Javier “Chicharito” Hernández, Giovani dos Santos, Carlos Vela e Oribe Peralta. A contendersi i due posti ci saranno tre giocatori: Raúl Jiménez, il bomber acquistato la scorsa estate dall’Atlético Madrid, Jesús Manuel Corona, ala ficcante del Twente, e Edoardo Herrera, attaccante del Pumas e probabilmente il meno conosciuto al di qua dell’Atlantico, ma non per questo meno considerato dal ct. “Lalo” Herrera ha debuttato in nazionale solo lo scorso 28 marzo, giocando gli ultimi due secondi nell’amichevole contro l’Ecuador. Ma due giorni dopo Miguel Herrera lo manda in campo da titolare contro il Paraguay. Risultato: dopo due minuti e undici secondi la sua zampata graffiante trasforma un traversone nel gol-partita. Di fatto gli sono bastati 133 secondi per buttarla in rete e regalare con quel gol una vittoria di prestigio al Tri. In realtà dopo altri due minuti Lalo avrebbe segnato anche un’altra rete non convalidata. A oggi queste due gare restano le sue uniche presenze in maglia verde.

LA STELLA

Con le molte assenze di lusso è sicuramente Rafa Márquez il punto di riferimento di questa nazionale. Uno dei giocatori più forti e vincenti della storia messicana – spiccano un campionato francese col Monaco, quattro campionati spagnoli e due Champions League col Barcellona, una Confederations Cup e due Gold Cup col Messico – che si è contraddistinto nell’arco della sua longeva carriera per la sua duttilità tattica. Non solo un roccioso centrale di difesa, i suoi anni migliori li ha forse vissuti da volante davanti alla retroguardia, ruolo che ha interpretato magistralmente grazie alla sua intelligenza sopra la media e ai suoi piedi morbidi, a cui ha saputo integrare un eccelso gioco aereo. Non a caso ha guidato il Tri da capitano in quattro Coppe del Mondo, in cui è stato in grado di segnare in ben tre edizioni, unico difensore a riuscirci. E non è l’unico record ad aver infranto, uno a cui sono particolarmente legati i suoi compatrioti è quello che lo ha visto alzare la Champions League, primo messicano nella storia a farlo. Oggi, a 36 anni, la sua esperienza messa a disposizione del gruppo è un valore aggiunto inequivocabile, in fase difensiva e in fase costruttiva, oltre che sulle palle inattive. Un leader che ha saputo imporsi dappertutto, che si è confrontato con i più grandi e che, sul cammino dei quaranta, ha ancora la voglia di mettersi in gioco tanto a Verona quanto con la sua nazionale.

Rafael Marquez
Rafael Marquez

LA SORPRESA

Raúl Jiménez è sbarcato nel calcio europeo un anno fa quando l’Atlético Madrid ha sborsato dieci milioni e mezzo per averlo: non era mai accaduto prima che un club messicano vendesse un calciatore messicano all’estero a una cifra così alta. Dieci mesi più tardi il suo approdo sulle penisola iberica sembra un fallimento, una desepción mexicana in piena regola, ma in nazionale si è tolto qualche piccola soddisfazione. Nel 2012 ha trionfato al Torneo di Tolone e alle Olimpiadi di Londra, mica male se ti chiami Messico, e nelle qualificazione a Brasile 2014 c’è soprattutto il suo zampino. L’11 ottobre 2013, nella sfida decisiva contro il Panama, penultima giornata del girone di qualificazione, il Messico è costretto a vincere: senza i tre punti rimarrebbe a braccetto con i canaleros ma in svantaggio negli scontri diretti e nell’ultima giornata il Panama deve affrontare gli Stati Uniti, già aritmeticamente primi. All’81’ Luis Tejada regala l’1-1 che rimette in carreggiata i panamensi, così sale in cattedra Raúl Jiménez. A cinque dal termine trasforma un assist di Arce in un gol di rovesciata: è il 2-1 perentorio che permette al Messico di mettere la freccia e, novanta minuti più tardi, di staccare l’ultimo biglietto valido per Brasile 2014. Se è l’uomo della provvidenza è arrivato il momento di dimostrarlo.

Raúl Jiménez
Raúl Jiménez

PROSPETTIVE

Pur avendo risparmiato i giocatori migliori per l’ambita Gold Cup, nella quale la rivalità con gli Stati Uniti è accesissima visto che il Tri ha sei trofei contro i cinque dei gringos, da quando la nazionale messicana è ospite fissa alla Copa América, ovvero ininterrottamente dal ’93, ha centrato ben due medaglie d’argento e tre medaglie di bronzo in otto partecipazioni. Per cui non ci sarà da meravigliarsi se la nazionale messicana darà del filo da torcere a chiunque. Il c.t. Miguel Herrera ha esplicitamente ribadito di non voler ripetere l’errore commesso dai suoi colleghi quattro anni fa, quando il Messico dovette presentarsi con un gruppo under-23 e fu eliminato al primo turno con un desolante bottino di tre sconfitte. Anzi, ha fatto sapere che il suo obiettivo è quello di puntare proprio alla vittoria finale. Di certo ha tutte le carte in regola per superare la prima fase in un girone più che abbordabile in cui il Cile sarà il grande favorito, l’Ecuador il principale rivale e la Bolivia la squadra meno quotata.

CONVOCATI

Pos. Giocatore Data Nascita Squadra
P Jesús Corona 26 gennaio 1981 Cruz Azul (Messico)
P Alfredo Talavera 18 settembre 1982 Toluca (Messico)
P Melitón Hernández 15 ottobre 1982 Veracruz (Messico)
D Rafael Márquez 13 febbreaio 1979 Hellas Verona (Italia)
D Juan Carlos Valenzuela 15 marzo 1984 Atlas (Messico)
D Adrián Aldrete 14 giugno 1988 Santos Laguna (Messico)
D Hugo Ayala 31 marzo 1987 UANL (Messico)
D Julio Domínguez 8 novembre 1987 Cruz Azul (Messico)
D Gerardo Flores 5 febbraio 1986 Cruz Azul (Messico)
D Efraín Velarde 15 aprile 1986 Monterrey (Messico)
D George Corral 18 luglio 1990 Querétaro (Messico)
D Carlos Salcedo 29 settembre 1993 Guadalajara (Messico)
C Javier Aquino 11 febbraio 1990 Rayo Vallecano (Spagna)
C Marco Fabián 21 luglio 1989 Guadalajara (Messico)
C Luis Montes 15 maggio 1986 León (Messico)
C Juan Carlos Medina 22 agosto 1983 Atlas (Messico)
C Javier Güemez 17 ottobre 1991 Tijuana (Messico)
C Jesús Manuel Corona 6 gennaio 1993 Twente (Olanda)
C Mario Osuna 20 agosto 1988 Querétaro (Messico)
A Raúl Jiménez 5 maggio 1991 Atletico Madrid (Spagna)
A Vicente Matías Vuoso 3 novembre 1981 Chiapas (Messico)
A Enrique Esqueda 19 aprile 1988 UANL (Messico)
A Eduardo Herrera 25 luglio 1988 UNAM (Messico)
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Mi chiamo Mihai Vidroiu, ma per tutti sono semplicemente Michele, sono cresciuto a Roma, sponda giallorossa. Ho inoltre una passione smodata per il Villarreal, di cui credo di poter definirmi il maggior esperto in Italia, e più in generale per il calcio, oltre ad altri mille interessi.