“Se stessi a un matrimonio con un vestito bianco e piombasse un pallone infangato, lo stopperei di petto senza pensarci”.
D.A.Maradona
Francisco Gento Lopez (classe 1933) è il classico giocatore che tutti i ragazzini che iniziano la loro avventura nel mondo del calcio vorrebbero diventare. “Paco” Gento fu l’uomo dei record e non si parla di gol fatti ma di quello che più conta in questo sport, la vittoria. Il suo palmares è lungo come un papiro egizio. 11 Campionati spagnoli, 2 Coppe di Spagna, 2 Coppe Latina, 1 Coppa Intercontinentale ma soprattutto 6 Coppe dei Campioni, nessuno mai come lui. Nato a Guarnizo, a 19 anni fu chiamato dal Racing Santander e già si intravidero doti da assist man. Francisco giocava come ala sinistra, ruolo che manterrà praticamente per tutta la vita e la sua intelligenza tattica fu notata successivamente dai blancos del Real Madrid nel 1953. A Madrid cominciò il mito di Gento, leggenda difficilmente dimenticabile anzi, pressoché impossibile. Al primo anno arrivò la Liga dopo un testa a testa col Barcellona che durò fino alle ultime giornate di campionato ma che portarono il primo successo a Gento. Stessa cosa l’anno successivo ma con l’aggiunta dell’allora importante Coppa Latina, trofeo antecedente alla Coppa Campioni, abolito nel 1957, che portava a scontrarsi le prime delle seguenti nazioni: Spagna, Francia, Portogallo e Italia. Fu lo Stade de Reims (ricordatevi questo nome, comparirà poi) ad incontrare il grido blancos e nulla potè dare vittoria ai francesi. Ma lo spettacolo doveva ancora cominciare. Dal 1956 in poi il Real Madrid che allora era sotto la guida di Villalonga inanellò una serie di successi che è difficile pensare come una squadra di oggi possa eguagliare tali conquiste. Il 13 giugno ’56 al Parco dei Principi di Parigi, il Real incontrò i fortissimi francesi dello Stade de Reims che vantava grandi giocatori quali Kopa e Hidalgo, Ma nulla era confrontabile all’ariete spagnolo. Gento era affiancato da professionisti del calibro di Rial, Mateos e di un certo Di Stefano ovvero uno dei giocatori più forti di tutti i tempi. Il Real Madrid vinse 4-3 e la primissima edizioni della Coppa dei Campioni andò agli spagnoli. L’anno successivo, come l’eterno ritorno nietzscheano o come un dado che ruota all’infinito mostrando sempre la stessa faccia, tutto si ripetè alla grande.
Dopo una terza Liga Gento dominò ancora in Europa e trovò la gioia di realizzare un gol pure in finale. Il 30 maggio ’57 al proprio stadio, il Bernabeu, davanti a 124 mila spettatori fu la sorpresa Fiorentina di Bernardini la vittima sacrificale dei blancos che vinsero 2-0 con un rigore di Di Stefano ed una rete dello stesso Francisco che portò Madrid in cima a tutto il calcio. E neppure un mese dopo i blancos acciuffarono anche l’ultima Coppa Latina della storia battendo il Benfica 1-0. Un anno straordinario quello di Gento la cui fascia sinistra era come se fosse un autostrada vuota, senza alcun ostacolo. Da ricordare che la Coppa Intercontinentale nascerà tre anni dopo, chissà quante ne avrebbe vinte il nostro Paco! L’anno dopo, nel ’58, il Real Madrid fu affidato alle redini di Carniglia ed un innesto killer, quello del vecchio avversario Kopa (clicca qui per leggere la sua storia), diede più qualità alla squadra spagnola, attributi che già erano elevatissimi. Una seconda Liga consecutiva, nonché la quarta per Francisco e un’altra Coppa Campioni. Nell’Heysel di Bruxelles, il 28 maggio ’58 fu il Milan di Schiaffino e Liedholm a trovar infausta sorte (dopo quella in semifinale 2 anni prima sempre contro i blancos) anche se fino ai tempi supplementari resistette alla grande. I rossoneri grazie al gioiello uruguaiano ed a Grillo tennero fra i denti il 2-2 ma qualcuno da lassù disse a Gento, al 2° minuto del 2° tempo supplementare “Vai e segna” e lui non potè far altro che realizzare un altro gol in una finale, forse la rete più importante per grazie al suo 3-2 il Real vinse una difficile gara. Nulla importava, Gento, Di Stefano e Kopa (che triumvirato!) illuminarono la notte belga e tutta Madrid come se nelle gambe avessero 6 quasar. Gento era sempre più un re del centrocampo, un’ala originalissima nel calcio degli anni ’50, un ala che se fosse stata affiancata mettiamo da un certo Garrincha avrebbe formato la più grande aquila del calcio.
Ma la storia è bella perché non segue mai una linea voluta. Voluta invece fu per Gento e soci una ennesima Coppa Campioni il 3 giugno ’59 al Neckarstadion di Stoccarda contro lo Stade de Reims (unica squadra francese assieme all’Olimpique di Marsiglia ad aver presenziato a due finale di Coppa Campioni) dove militava un certo Just Fontaine (clicca qui per leggere la sua storia), goleador di razza che l’anno prima aveva realizzato ben 13 gol al mondiale di Cile ’58 (record tutt’oggi imbattuto). Mateos e Di Stefano segnarono i gol della vittoria per un secco 2-0 finale. Tutto perfetto, mancava solo la fisica presenza di Ferenc Puskas (clicca qui per leggere la sua storia), il più grande giocatore ungherese ed uno dei più influenti di tutto il calcio, arrivato a Madrid quella stagione ed infortunatosi poco prima della finalissima. 4 Coppe consecutive, 4 Liga… La carriera di un giocatore potrebbe finire o bastare qui. Invece no. L’anno successivo, grazie anche ad un irripetibile Ferenc che stavolta arrivò tutto intero alla finale, Gento alzò la quinta coppa di fila all’Hampden Park di Glasgow il 18 maggio ’60 dopo aver battuto, in una gara emozionante, i tedeschi dell’Eintracht Francoforte per 7-3. Puskas ne fece ben 4 e Di Stefano 2 ma non si contano gli assist di Gento che, come un ragno, pare avere quella sera 8 gambe e 8 occhi. E finalmente, aprendosi la stagione prima della Coppa Intercontinentale, i blancos conquistano anche il mondo battendo il Penarol con un umiliante 5-1 dopo lo 0-0 d’andata. Il dominio europeo del Real Madrid si ferma proprio all’avvio del decennio degli anni ’60. Gento e compagni cominciarono a concentrarsi anche in patria. 5 Campionati di fila dal 1961 al 1965 più una Coppa di Spagna nel ’62 (2-1 al Siviglia) vedono un Real Madrid apparentemente più contenuto visto che per la prima volta per Gento cominciarono a perdere in Coppa Campioni.
Nel ’62, nella finale di coppa, il Benfica di Eusebio (clicca qui per leggere la sua storia) schiacciò il Real con un netto 5-3 ad Amsterdam e nel ’64 a Vienna toccò all’armata neroazzurra di Herrera ad umiliare i blancos con un micidiale 3-1. I giocatori invecchiano, si sa. Di Stefano, Puskas, Mateos ormai sono un ricordo indelebile per i tifosi del Real Madrid. Alla guida vera da perfetto capitano era rimasto solo Gento. E da capitano vinse la sesta ed ultima Coppa Campioni ancora a Bruxelles (11 maggio ’66), questa volta contro il Partizan Belgrado per 2-1 sotto la guida di Munoz (già allenatore blanco nella finale di Glasgow).
Trascinatore di rara eleganza che ancora una volta si mise la squadra in spalla, proprio come 2 anni prima quando portò la sua nazionale spagnola alla fase finale degli Europei del ’64 dove vinse poi contro l’Urss di Yashin (Gento non giocò né la semifinale né la finale). Stesso anno una sconfitta nella finale di Coppa Intercontinentale contro il Penarol (2-0 all’andata e 2-0 al ritorno) sancì la fine delle vittorie in Europa e nel mondo del Real Madrid e dello stesso Paco, che dominò ancora in Liga (dal ’67 al ’69) ed una seconda Coppa di Spagna nel ’70 con un 3-1 al Valencia (allora Copa del Generalisimo, in onore di Franco, nome poi cambiato in Copa del Rey dal ’76), concluse la sua straordinaria carriera l’anno successivo, nel ’71, decennio nuovo che vide altre squadre dominare l’Europa, l’Ajax di Crujiff, Haan e Krol (clicca qui per leggere la sua storia) e il Bayern di Monaco di Beckenbauer e Muller (clicca qui per leggere la sua storia). Un altro calcio, più veloce e moderno, più a colori, non così bianco e nero come quello suo e dei suoi compagni Puskas, Kopa, Di Stefano. The time are changing cantava Bob Dylan, i tempi cambiano. Ma sembra che l’eleganza di Francisco Gento Lopez sia rimasta immutata nel tempo come una scultura di diamante.
15 anni passati in Coppa Campioni (secondo solo a Giggs che ne ha presenziati 18) ed 8 finali (come Maldini), 30° assieme a Fontaine nella classifica IFFHS dei più grandi calciatori del Novecento. Troppe, tante cose sarebbero da dire su Gento ma racchiudiamole in una sola parole: leggenda.